Quando un lavoratore può essere licenziato
La malattia prolungata, entro il periodo di comporto, non può essere causa di licenziamento.
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1. Che cos’è il periodo di comporto
Il cosiddetto periodo di comporto è quel periodo di tempo di sospensione dal lavoro in cui il lavoratore subordinato, a tempo determinato o indeterminato, part time o full time, ha a disposizione a causa di una malattia o di un infortunio, con il diritto del mantenimento del posto di lavoro e della contribuzione. Di contro si avrà quindi il divieto da parte del datore di lavoro di licenziare il lavoratore durante la sua assenza.
La ragione di fondo si trova nella tutela dei diritti fondamentali del lavoratore quale individuo e cittadino, costituzionalmente preminenti sull’obbligazione lavorativa, come il diritto alla salute.
La durata del periodo di comporto è fissata dai contratti collettivi, tenendo conto della qualifica o dell’anzianità di servizio e dalla particolarità della malattia, a seconda dei casi, o in mancanza dal giudice secondo equità.
Nel periodo di comporto vanno computati i giorni solari compresi quelli festivi o di sciopero.
Si distinguono 2 tipi di comporto:
- secco o continuativo, relativo ad un unico periodo di malattia continuato;
- per sommatoria o improprio relativo alle malattie reiterate, in questo caso il licenziamento è legittimo se i vari episodi di malattia, verificatesi entro un determinato periodo di tempo superino il periodo di comporto improprio.
Nel contratto a tempo determinato la legge impone limiti di durata al trattamento economico di malattia.
1.1 Il licenziamento
Solo a termine di questo periodo di assenza, il datore di lavoro ha il diritto e quindi facoltà, di licenziare, previo preavviso, il lavoratore qualora l’assenza si prolunghi ulteriormente.
Se superato il periodo di comporto il datore di lavoro non ha provveduto ad intimare il preavviso di licenziamento e il lavoratore, una volta guarito, torna al lavoro per un congruo lasso di tempo, non è più consentito il licenziamento, perché il datore di lavoro ha ritenuto nei fatti di poter tollerare un’assenza più lunga di quella prevista dal periodo di comporto.
Vi sono delle situazioni particolari, che vanno valutati caso per caso, in cui è possibile evitare il licenziamento pur avendo terminato il periodo di comporto e lo stato di malattia persiste. Ad esempio, è possibile chiedere le ferie maturate oppure un congedo non retribuito, rimane facoltà però del datore di lavoro concedere o meno queste richieste.
Se il licenziamento avviene durante il periodo di comporto, credendo che questo sia terminato, allora deve ritenersi ingiustificato e quindi nullo per violazione delle disposizioni di legge.
Se il licenziamento per giusta causa avviene durante il periodo di comporto (ad esempio per crisi aziendale o il lavoratore abbia avuto un comportamento particolarmente grave da fa venir meno il rapporto di fiducia con il datore di lavoro) è valido ed immediatamente efficace.
1.2 La malattia
La malattia o l’infortunio per colpa del datore di lavoro, cioè a seguito di un infortunio sul lavoro o nel caso di malattia professionale, non generano il periodo di comporto. Ovviamente, spetterà al lavoratore l’onere di provare che la malattia sia derivata dalla violazione di obblighi del datore di lavoro.
In questo caso il lavoratore non può essere mai licenziato, può assentarsi da lavoro per tutta la durata della malattia senza essere vincolato dal termine del periodo di comporto.
Per malattia, si intende qualsiasi situazione in cui la prestazione lavorativa sia incompatibile con la salvaguardia della salute del lavoratore, rifacendosi a quelle situazioni che impediscono il corretto svolgimento dell’attività lavorativa.
Vi sono poi delle malattie previste dalla legge che per la loro particolare gravità vanno ad eccedere il normale periodo di comporto, ovviamente bisogna sempre avvertire tempestivamente il datore di lavoro, prima che questi possa recedere dal contratto di lavoro.
1.3 Adempimenti INPS
La malattia o l’infortunio deve essere tempestivamente comunicata al datore di lavoro, normalmente entro 2 giorni, comprovata dal certificato del medico curante, il quale deve trasmettere il certificato per via telematica on line, contenente l’indicazione della diagnosi, l’inizio e la presunta durata della malattia e l’indicazione del domicilio per l’effettuazione dei relativi controlli fiscali.
Bisogna avvertire anche all’istituto previdenziale se questi è tenuto ad erogare il trattamento di malattia.
L’inosservanza di tali obblighi comporta la perdita dell’indennità Inps per i giorni di ritardo, salvo che il ritardo sia giustificato da comprovate ragioni. In mancanza l’assenza dal lavoro risulta ingiustificata con le relative conseguenze disciplinari, retributive e quindi anche la perdita del posto di lavoro.
Il lavoratore nei primi 3 giorni, cosiddetto periodo di carenza, percepisce un’indennità di malattia direttamente dal su datore di lavoro se la malattia si protrae l’indennità viene corrisposta direttamente dall’Inps.
Fonti normative
Artt. 32 co. 1 e 38 Cost.
Artt. 2110 e 2011 c.c.
L. n. 68/1999
L. n. 638/1983
Cass. n. 7023/2000
Cass. n. 5413/2003
Cass. S.U. n.14020/2001
Cass. S.U. n.12568/2018
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